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ARSS Anna Reale ODV
La sclerosi sistemica (sclerodermia, SSc) appartiene alla grande famiglia delle malattie del tessuto connettivo (o connetivopatie). É caratterizzata da alterazioni vascolari, da inspessimento ed indurimento cutaneo e di alcuni organi interni. Si usa dividere la SSc in due sottotipi: la SSc limitata (lSSc) e la SSc diffusa (dSSc), in base all’estensione dell’interessamento cutaneo. In ambedue le forme, il sistema circolatorio e respiratorio risultano coinvolti e, nei casi più gravi, si sviluppa il quadro della cosiddetta “ipertensione polmonare”. Dal punto di vista emodinamico si definisce come rialzo della pressione nell’arteria polmonare, che è considerata patologica quando eguaglia o supera i 25 mmHg (millimetri di mercurio). Ci troviamo nel piccolo circolo, detto anche circolo polmonare, ovvero quel sistema di vasi che portano il sangue dal ventricolo destro del cuore ai polmoni, responsabili dell’ossigenazione del sangue, che passerà poi al ventricolo sinistro ed immesso al circolo sistemico, incaricato di ossigenare il resto di organi e tessusti. Il circolo polmonare, o piccolo circolo, lavora a pressioni molto basse, in media intorno a 15 mmHg (millimetri di mercurio): pertanto il ventricolo destro è abituato a pompare sangue verso vasi a bassa resistenza (in parole povere con uno sforzo di piccola entità). Qualunque condizione in grado di modificare questo delicato equilibrio determina un incremento dello sforzo del cuore che, in un primo tempo, aumenta di dimensioni per cercare di far fronte alla maggiore resistenza e che, in un secondo momento, si sfianca (dilata), perdendo progressivamente la possibilità di inviare il sangue ai polmoni per l’ossigenazione.
Se consideriamo le due forme di SSc, diffusa e la limitata, dobbiamo subito chiarire che lo stato di ipertensione polmonare origina da due processi patologici diversi:
L’ipertensione arteriosa polmonare è una patologia subdola: essa, in genere, dà segno di sé al momento in cui il danno al cuore è già avanzato, pertanto la terapia serve in tal caso solo a stabilizzarlo.
Fortunatamente, oggi grazie alla consapevolezza dell'esistenza di segni strumentali molto precoci che possono indicare l’arrivo della malattia, sono stati messi in atto programmi di monitoraggio. Le più recenti line guida internazionali indicano che il paziente affetto da SSc deve sottoporsi a un’indagine ecocardiografica almeno una volta all’anno, indipendentemente dalla presenza di sintomi legati alla difficoltà respiratoria. Il cardiologo, grazie all’uso dell’ecocardiografo, può studiare il movimento del sangue nel cuore destro e identificare un processo definito “rigurgito tricuspidalico”. Grazie a questo segno, si può identificare “precocemente” la presenza di uno stato di “ipertensione polmonare”, anche iniziale. L’esecuzione delle prove di funzionalità respiratoria e di altre indagini strumentali, quali la TC torace, consentiranno di fare una diagnosi di ipertensione polmonare e di stabilire se essa è secondaria a malattia del polmone (ipertensione polmonare da pneumopatia) o è legata alle alterazioni delle arteriole polmonari (ipertensione arteriosa polmonare). Queste indagini consentono di intervenire precocemente con farmaci idonei, quantomeno per rallentare significativamente l’affaticamento del cuore e consentire al paziente di mantenere una qualità di vita soddisfacente. La sopravvivenza è legata al momento in cui viene identificata l’ipertensione arteriosa polmonare. A otto anni, i pazienti trattati al momento del riconoscimento dei segni precoci, hanno una sopravvivenza superiore del 47% rispetto ai soggetti trattati al momento dell’insorgenza dei sintomi.
L’ipertensione arteriosa polmonare è una delle complicanze più importanti in corso di SSc e la sua precoce identificazione fa la differenza nell’evoluzione della malattia.
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